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Ermetismo

Negli anni Trenta del Novecento nascono numerose riviste culturali che si occupani in particolare di poesia, tra cui “Il Frontespizio”, “Letteratura”, “Solaria”.

Alcuni luoghi delle città diventano leggendari punti di ritrovo degli intellettuali: il Caffè Giubbe Rosse accoglie il gruppo “Lettaratura”.

A Firenze inoltre vivono poeti non fiorentini come Montale.

Pur nella diversitĂ  degli orientamenti, gli intellettuali sono accomunati dal difficile rapporto con il regime fascista, nei confronti del quale assumo talora posizioni di aperto dissenso, o piĂą frequentemente atteggiamenti di distacco, di non collaborazione, di nascosto rifiuto.

In questo contesto nasce il cosiddetto “Ermetismo”: non si tratta di una vera e propria “scuola” ma di un modo di intendere e praticare la poesia con scelte linguistiche e stilistiche affini che si sviluppa in particolare tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, ma che caratterizza anche una significativa parte della produzione poetica del dopoguerra.

A Firenze giugne nel 1929 Quasimodo e dà alle stampe la sua prima raccolta di liriche, Acque e terre, nella quale si colgono alcune caratteristiche proprie del nuovo modo di fare poesia, ossia l’estrema concentrazione verbale e la densità metaforica e analogica.

Il termine “ermetismo” viene usato per la prima volta con accezione negativa, per designare il carattere oscuto ed elitario della nuova poesia: il nome deriva da Ermete Trismegisto, figura leggendaria dell’età ellenistica che in alcuni trattati avrebbe esposto dottrine mistiche di origine egiziana, di difficile comprensione e riservate a pochi iniziati.

I poeti ermetici manifestano una fiducia incondizionata nel valore della letteratura, alla quale intendono dedicare un impegno totale.

I poeti del gruppo degli ermetici affermano di voler attingere all’”Assoluto”: ricercano la “parola assoluta”, “l’assolutezza naturale”, la “metafisica creatività”.

Più in generale il termine “assoluto” va inteso in senso etimologico, ossia “distacco” della parola da tutto ciò che è realtà concreta.

Nei confronti del mondo, essi scelgono la distanza: di fronte al male della realtĂ  vedono come unica soluzione possibile quella di rifugiarsi nel mondo astratto della parola poetica.

Si tratta pertanto di un “assoluto” non trasmissibile: è un’esperienza individuale del poeta nella sua solitudine, non condivisa con gli altri uomini, ai quali non sono forniti strumenti esplicativi per dotare di senso il testo.

La lingua in cui si esprime la poesia ermetica è dunque lontana dalla comunicazione ordinaria, perchè il suo scopo non è “rappresentare” ma “costruire” oggetti verbali autonomi, astratti, capaci di attingere al mistero del mondo e dell’uomo.